I ritornanti ed il piatto di saliva.
Chi vive all’estero accarezza sempre il desiderio di tornare a casa. Per casa si intende il proprio luogo di origine, dove si è nati o dove si hanno la maggior parte di ricordi più piacevoli.
Non tutti, però, elaborano questo desiderio nel medesimo modo. Alcuni emigrati lo hanno in progetto, ma in un futuro lontano e fin troppo indefinito.
Ossessionati ed ossessionanti alfieri di questo concetto sono invece i ritornanti, ovvero coloro i quali vivono in funzione del ritorno a casa. Persi nella loro attesa, si crucciano agognando il giorno in cui rimetteranno i piedi in patria.
Durante la loro permanenza sembra che una forza oscura e magnetica li trattenga qui, quasi come se dovessero affrontare una durissima ordalia esistenziale. Si rinfrancano solo pensando a quando andranno via, posizionando il momento del loro ritorno in un punto preciso di un indefinito futuro.
Di norma procastinano il ritorno di mese in mese, facendo impallidire anche l’ultima sigaretta del Sig. Cosini. Programmano e annullano costantemente il loro ritorno, dimenticando completamente di vivere la realtà circostante. Non vivono nel reale, ma in un futuro ideale. Il reale è per loro funzionale al loro futuro, nulla di più. Intorno a loro non c’è nulla, perché questo paese non può offrirgli nulla. Quello che c’è, invece, è la copia sbiadita di quello che desiderano.
Le fasi dello stillicidio esistenziale dell’emigrante italiano in Irlanda le conosciamo. Per farla breve: si arriva in Irlanda, si trova un lavoro, si vive la novità, poi affiora la nostalgia che diventa sindrome, lamentele ed insuperabile frustrazione. Purtroppo, lo stolido divertimento per la novità iniziale si tramuta spesso nel peggiore dei propri incubi. In questo caso si chiama Irlanda.
Per giustificare il proprio spasmodico desiderio di ritorno in patria, molto spesso, ci si sorregge sulle stampelle delle nostre costruzioni mentali. Si selezionano tutti i ricordi passati, come se si scannasse e sezionasse il maiale dei propri ricordi. Dopo che le frattaglie dei propri ricordi sono stati limitate al meglio della propria memoria, si passa alla costruzione di un futuro teorico e anche un po’ iperbolico.
Allora si riempono i gangli della proprie frustrazioni con quello che vorremmo trovare: sole, mare, divertimenti, vita sostenibile, cultura, persone affabili, educazione, stile, eleganza e ricchezza. Si sogna di tornare e ritrovare tutto questo, senza pensare che tra un’aspettativa e l’altra passano fatiche che si sono dimenticate o che ancora non si sono sofferte.
Allora l’Irlanda è la materializzazione del male, del male di vivere e del vivere male. Lo spleen celtico.
Intorno all’isola irlandese non c’è l’abisso, come per la lista Schindler, ma le Gerusalemme Celesti. Tutto il resto, fuorché l’Irlanda, sono per il ritornate (o andante, in questo caso) un posto migliore dove andare.
Tutto fuorché l’Irlanda.
Sud America, Spagna, Australia e Italia sono le tipiche mete del ritornante. Posti caldi, perfetti in cartolina ed accoglienti; almeno per la vulgata. Queste sono le mete di tutti quelli che vorrebbero aprire un chiringuito o andare fare i camerieri o gli animatori di villaggi vacanze.. “Che poi non è così male.”. Comodo da dire per chi non lo ha mai fatto, o lo fa idealmente, edulcorando completamente la fatica che una qualsiasi attività comporta.
Allora quando gli dici che la Spagna soffre di una pesante disoccupazione, ti ridono in faccia e ti rispondono che non è vero, sono solo chiacchiere.
Quando insinui che l’Australia può essere estremamente inospitale, ti dicono che vanno a fare solo un’esperienza e che poi il clima è fantastico. Se ti denunciano un possibile ritorno in Italia, allora la faccenda si fa più seria.
Così ti raccontano il loro sogno. Un sogno fatto di un ritorno in Italia, dove tutti saranno ad attenderli, dove ritroveranno le amate (odiate) famiglie e amici. Dove, poi, “un lavoretto”, si trova sempre.
“Un lavoretto”.
Allora gli chiedi cosa vorrebbero fare, e ti rispondo che va bene qualsiasi cosa, purché possano andarsene. Allora gli fai gli auguri e qualcuno dei ritornanti parte davvero. Quelli che rimangono intanto rinviano, mentre in tasca si mettono i loro lauti stipendi. Ma non basta mai.
Poi qualcuno oltre ad essere un ritornante ideale diventa anche reale, e torna per davvero. Dopo essere tornato, poi, scompare. Nessuna nuova, cattiva nuova.
Allora per caso, in uno dei tanti viaggi a casa per le ferie, ti capita di incrociarli e con sadismo gli chiedi come vanno le cose e le risposte sono quasi sempre vaghe. “Il lavoretto” non è arrivato, ma intanto sta facendo un stage a 30 anni e poi si vedrà. “Qualcosa scappa sempre fuori”. Nel frattempo vivono nella casa familiare e hanno fatto qualche mese in un call center a 500 euro al mese per 8 ore al giorno. Allora hanno chiesto il sussidio di disoccupazione, ma non gli spettava perché non erano stati licenziati e comunque lo avrebbero preso solo per 8 mesi. Intanto hanno mandato il curriculum un po’ a tutti e attendono risposte. Attendono, insomma.
Allora gli rendi il piatto con la saliva che avevano lasciato in Irlanda. Apparteneva a loro, dopotutto.