Boschi perigliosi.
Premessa: questo post si collega strettamente al precedente ad alla serie di commenti che ne sono scaturiti. Questa vuole essere una summa di considerazioni personali che sarebbero state troppo strette in un solo commento. Nel seguente, infatti, cerco di rispondere un po’ a tutti. Ultima premessa: i commenti saranno moderati a causa di un mio difetto di connessione. Non disponendo di una connessione costante non posso monitorare i commenti. Abbiate pazienza che li approvi, e sarà fatto in tempo molto breve. Come sempre mi riservo di cestinare commenti secondo criteri personali.
Nello scorso post ho volutamente pubblicato un articolo del 2004 di un altro blogger, con l’intento di mostrare quale fosse la sua visione dell’Irlanda dopo qualche settimana di permanenza a Cork.
L’intento era quello di invitarvi a rileggerlo dopo anni ed analizzarlo e perché no, criticarlo. Perché criticarlo? Perché è per me indubbio, che un autore che non distingue né sa distinguere la propria scarpa destra da quella sinistra, è degno di critica. Ma questa è un visione personale e contestabile.
E mentre io mi crogiolo nella mia cattiveria critica, noto che il non riconoscere un’opinione, da un assioma o un teorema è un fatto ancor più grave.
Questo vale per tutte le informazioni che esistono in rete e non solo, per quello che è scritto qui e che scrivete voi, per i testi che abbiamo appreso nel corso nella nostra vita e per i media. Ma sui media, specialmente la TV, ci sarebbe da fare un discorso a parte, che tralascio.
Abbiamo già parlato del problema delle fonti in rete, e ritengo che questo tema diventerà una crux desperationis che graverà sulle nostre teste. Siamo passati, di fatto, da fonti poco raggiungibili a fonti in sovrabbondanza e non verificabili.
Dal momento in cui trovo milioni di dati ed informazioni vere e/o false che non sono dimostrabili, ho un problema. Magari il problema non si pone per chi si basa sulle proprie opinioni personali, ma esiste, invece, per chi cerca di avere un approccio più analitico.
Se la massa di informazioni in internet è per il suo 80% scorretta (statistica non veritiera, da prendere solo come esempio), devo pormi il problema se diffondere una consapevolezza di responsabilizzare lettore ed autore affinché vengano espresse le finalità e la prassi con cui il testo è stato elaborato e se le fonti sono attendibili.
Che palle, direte voi, non siamo più liberi di dire quel che ci pare sul nostro spazio. Beh, ben svegliati, perché i vostri elaborati, a meno che non facciate diversamente, sono pubblici ed indicizzati in archivi mondiali dove quasi tutti hanno accesso.
Ho notato che molti sottovalutano la potenzialità delle fonti in rete e non considerano che tantissime persone utilizzano internet come base informativa per diversi motivi: è gratis, facilmente accessibile e veloce.
Altra cosa è considerare la scrittura in rete come una degradazione rispetto quella degli organi ufficiali. Ed per questo che in rete prolifera una massa di fuffa fuori dal normale. La tendenza a deprimere la qualità dei contenuti non farà altro che vanificare qualsiasi vostro tentativo di costruire qualcosa di credibile. Che poi esista anche la fuffa è statistico ed anche piacevole.
Ad oggi, il contenitore internet, sembra essere destinato a contenere i vostri rifiuti, per lasciare i contenuti piu’ credibili ai soli referenti istituzionali.
Alla critica che spesso viene mossa sulla poca attendibilità dei blog, vi rispondo che la scelta è personale. Se volete scrivere per voi, prendetevi un quaderno e fatelo a casa vostra, se, invece, volete uno spazio privato potete farlo aprendo un blog privato o limitato a pochi accessi; ma se scrivete su uno spazio pubblico, voi state esprimendo la volontà di essere visibili e letti, e soprattutto dovete essere consapevoli che state diffondendo il vostro pensiero. Se molti blog pubblici sono poco attendibili, è perché molti di voi vogliono che lo siano. Questo giochino difende molti dal dover giustificare i propri contenuti.
Il vostro pensiero può essere più pericoloso di quanto voi pensiate, una sola vostra creazione ideale può diventare un fenomeno a larga diffusione che senza che voi ne abbiate controllo.
Per quanto mi riguarda, l’autore deve essere responsabile di ciò che scrive, di come lo scrive e delle finalità del testo. Se questo vi deve castrare da scrivere inesattezze, ben venga. Ma non vendete le approssimazioni per quello che non sono: verità.
Andiamo con ordine.
Le Ragioni di un testo.
Non ponendosi alcun obiettivo in quello che si scrive, si vanifica una delle proprietà del testo: la sua finalità. Un testo senza una finalità, o lo è perché l’autore ha stabilito razionalmente di farlo, o lo è per ignoranza.
In riferimento al testo che ho pubblicato nel precedente post: la finalità del testo è indicata qui: “comunque, dopo una settimana posso dire che solo un folle disadattato nato in Italia sceglierebbe di vivere in un posto come questo..”
Questa è la finalità del precedente post: dimostrare fattivamente che solo un folle disadattato nato in Italia, vivrebbe a Cork.
Questo per chiarire, che non parliamo solo di leziose nit-picks, ma anche di analisi e comprensione di un testo e della sue finalità.
Se si scrive si deve avere una finalità, qualsiasi essa sia. Anche non averla è un atto, ma va fatto con consapevolezza delle regole che si stanno infrangendo. Una scrittura caotica, porta alla proliferazione di altro caos, supportato – a quanto vedo – da molti lettori, che sono oltretutto autori.
Il testo, se vuole comunicare qualcosa, deve avere una ragione e se l’autore non è interrogabile deve essere il testo a parlare per lui. Ogni vostra mancanza, voluta o non, dovrebbe essere in parte calcolata, se non lo è, sono cazzi vostri, perché lascerete la libertà al lettore di fare quello che vuole con il vostro testo.
Così ha fatto il nostro autore: ha trascritto le sue prime impressioni dopo solo due settimane di permanenza, senza porsi praticamente mai il dubbio di aver detto delle stronzate. Seppur le sue deduzioni siano condivisibili dalla vulgata, non corrispondono a verità oggettive. Sono, forse, solo assiomi generati dalla nostra percentuale fissa di odio verso questa nazione.
Il Valore di un testo.
Abbiamo discusso precedentemente sul valore e la qualità di un testo, sulla sua profondità e dimensionalità. Un testo, per quanto mi riguarda, è dimensionale; esprime, quindi, concetti su più piani, lasciando la comprensione di base sul primo livello, in modo da essere accessibile a tutti.
Un testo è valido se esprime correttamente proposizioni logiche. Tipo: Il cane abbaia.
Ha un senso, rispetta la logica delle proposizioni ed è dimostrabile. La proposizione ha un suo valore.
Altro termine di valore è l’attendibilità di una proposizione: Il cane abbaia per difendere il proprio territorio.
La preposizione è attendibile perché è dimostrabile che il cane può abbaiare per difendere il proprio territorio, e possiamo supportare e condividere il contenuto. Di certo il cane potrebbe abbaiare per mille altri motivi, ma è plausibile che lo faccia anche per questo motivo e se in quella situazione lo ha fatto, dimostrerò nel testo il perché il cane ha abbaiato per difendere il territorio.
Altro termine di attendibilità è, a mio vedere, il riconoscimento di approssimazione insito nel proprio elaborato: Mi sembrava che il cane abbaiasse per difendere il proprio territorio.
Non ho visto il cane, l’ho solo sentito e ho ipotizzato che lo facesse per uno dei motivi per cui il cane di solito abbaia. Devo riconoscere un’ipotesi su una situazione reale che non posso empiricamente dimostrare. Approssimando, posso dare al lettore modo di sostenermi o meno.
Voi direte: beh, ma lo sapevamo già. Invece, a me non sembra. Trovo troppo spesso testi che pretendono di avere valore, senza rispettare almeno una o più di queste norme.
Il flusso di coscienza lasciatelo a Joyce.
Sul lettore.
Il lettore è parte attiva in un rapporto di cooperazione con l’autore. Il lettore ha il compito, prima di tutto, di riempire tutti i sottintesi che l’autore ha volutamente o non, lasciato nel suo scritto.
Un testo senza lettore, non ha motivo di esistere. Non esiste perché la volontà scrivere è già di per se un atto di mettere in sequenza logica dei pensieri affinché altri li possano comprendere. Affinché un testo esista, dovrebbe esistere almeno un lettore.
Pubblicare un testo, senza idealizzare il proprio lettore è pressoché impossibile. La scrittura pubblica per se stessi, è un cazzata che raccontate agli altri per darvi delle arie da dandy di borgata. Voi sapete benissimo chi vorreste che vi legga.
Personalmente sono in linea con la visione di Eco che definisce il lettore in due categorie: lettore modello e lettore empirico.
Molto brevemente, il lettore modello è colui che l’autore si aspetta. E’ il lettore che sia perfettamente in grado di decodificare il testo ed interpretarlo così come l’autore l’ha fatto. Il lettore empirico, è invece colui che si muove liberamente (e pericolosamente) per i “boschi narrativi” di un testo cercando segni che lo riflettano all’interno del testo.
In sostanza, ogni qual volta voi scrivete, avete in mente un vostro lettore tipo ed essendo il testo una macchina pigra (cit.), avete bisogno della sua cooperazione.
Scrivere senza figurarsi, anche inconsciamente, il vostro uditorio è praticamente impossibile dal momento in cui avete la pretesa di essere letti.
Scrivere, inoltre, senza porsi il problema di che cosa i contenuti che volete far passare abbiano effetto su una gran parte dei lettori, equivale a deresponsabilizzarsi dal vostro testo. E questo non potete farlo. Non è possibile che l’autore sia disgiunto dal suo testo, a meno che non lo sia per esigenze letterarie specifiche.
Perché mi incazzo terribilmente con la comunicazione sciatta o inconsciamente pigra? Perché genera una catena di lettori modello che riprodurranno segni e schemi del loro autore modello. E soprattutto, perché chi stimola la pigrizia del testo, lo fa spesso senza consapevolezza. Omette, perché non sa.
D’altronde, non è possibile considerare il livello culturale e cognitivo dei propri lettori dal momento in cui ci espone su un network pubblico come questo. Se comunico male o in maniera incompleta, mi devo aspettare che i miei lettori siano equivalenti e non posso lamentarmi se poi me li ritrovo nella vita, a lavoro e nelle istituzioni. Perché in realtà ne sono, in parte, macchina generatrice.
Quindi, per quanto mi riguarda, sono responsabile anche dei miei lettori modello.
Sul vero.
Molti lettori hanno affermato che gran parte dei contenuti del post precedentemente pubblicato siano veri.
Prendiamo un estratto del testo:
“per ora chiudo qui. riassumendo:
le donne mediamente sono dei tegami
il cibo fa abbastanza schifo e non vi e’ una cultura
dello stare a tavola ecc..
ubriacarsi di birra sino allo sfinimento non e’ il
massimo (e costa troppo)
il tempo e’ una merda
praticamente non esiste la sinistra e nemmeno un
qualunque partito laburista
grazie a dio non esiste nemmeno un berlusconi
irlandese…
non ci sono giornali sportivi ne’ moviolone (hanno
rubato un rigore al liverpool che se succedeva in
italia….non ho mai visto un arbitro in malafede
come in quella partita…ah, forse si’..samp juve
della settimana scorsa..)”
Senza entrare nel limacciosi reami del giudizio morale, vorrei invece puntare l’attenzione su quello che sia vero, verosimile o falso.
Dicevo già sul blog di Vinz, che noto spesso quanto si confondano gli assiomi dalle opinioni e mi si permetta di aggiungere anche un’altra categoria: i teoremi. Molto spesso è lo stesso autore a non capirne la differenza, vendendo le proprie opinioni come teoremi. Se queste opinioni pretendono di essere vere devono potere essere dimostrate, altrimenti sono solo opinioni condivisibili. Se sono assiomi li accettiamo senza dimostrarli, se sono teoremi sono ampiamente dimostrabili. Una qualsiasi delle affermazioni sopra citata è solo condivisibile, ma non propriamente vera.
Per farla breve, provando a dividere verità relative ed assolute, posso tranquillamente definire che in realtà siete voi che stabilite cosa sia vero o falso sulla base di opinioni condivise. Annullando, di fatto, la possibilità di basarsi ANCHE su realtà più oggettive.
Che siano opinioni o teoremi, a molti non interessa più. Esse assurgono al grado di vero solo perché vengono condivise da un determinato numero di persone, che di rado si pongono il beneficio del dubbio.
Questo processo si chiama condivisione di un’opinione ed è molto lontano da essere verità oggettiva.
L’autore del post precedente non si si è posto neanche uno di questi quesiti, dando sfogo solamente alle proprie disordinate opinioni personali. Sciatte, approssimative e, aggiungo, con ben poche velleità di essere vere.
E’ più interessante il fatto che voi reputiate VERO qualcosa che non potrete mai dimostrare completamente. Allora usate termini come “verissimo”, senza sapere neanche che state maneggiando una bomba.
Da troppo tempo, il confine tra vero, verosimile e falso, è sempre più rarefatto. E molti di voi ne sono la dimostrazione vivente. Di certo, ho sempre avuto l’impressione, che i racconti irrazionali della realtà siano sempre più affascinanti di quanto lo sia la realtà delle cose.