Gli italiani in Irlanda e la questione meridionale.
Mi sono arrivati alcuni commenti (cassati per scelta personale) che sostengono che l’unico per modo per la quale i meridionali possano avere una carriera professionale soddisfacente, sia quello di andare all’estero in paesi “inferiori” come l’Irlanda. Solo in questi luoghi degradati e reconditi del mondo, secondo un pensiero strisciante di alcuni italiani, i meridionali potrebbero avere qualche speranza di riscatto sociale e professionale.
Nonostante questo sia il riflesso di un sentimento di pancia ultrasettentrionalista portato all’estremo, trovo la questione interessante, poiché la contrapposizione Meridione-Settentrione nel nostro paese fa parte di un conflitto che risiede in ogni italiano, ovunque egli viva. Purché tuttavia si voglia edulcorare quanto possibile questo sentimento, e’ innegabile che vi sia una base d’intolleranza da ambo le parti e che ci sia prima di tutto un assunto di superiorità del Settentrione rispetto al resto del paese. I motivi, ovviamente, sono molteplici e complessi e non mi voglio addentrare troppo nello specifico tecnico statistico della questione. E’ invece l’approccio fenomenico che mi interessa, i numeri li lascio a chi sa maneggiarli meglio di me.
E’ chiaro che vorrei evitare la generalizzazione, ma girare intorno al problema, dandoci fraterne e ipocrite pacche, non serva a nulla e tanto vale rimettere le mani nello sterco per vederne consistenza, colore e odore. Il problema esiste e ha radici da ambo le parti, perché fra carnefice e vittima (ugualmente fra truffatore e truffato) esiste sempre una connessione morbosa e biunivoca.
Partiamo dall’assunto che alcuni settentrionali ritengano che ci siano solo due modalità di affermazione del meridionale:
• lavorare nel Settentrione per un settentrionale;
• emigrare in paesi considerati (dal settentrionale) inferiori.
La prima affermazione sottolinea il fatto che il Settentrionale e’ un unicum in termini di organizzazione, moralità ed efficienza e che quindi sia l’unico referente civilizzante per il resto del paese. La seconda, invece, afferma che qualora l’inferiore non si voglia assoggettare alla guida nordico italica, non avrà altra speranza che sperare di primeggiare in civiltà inferiori nella quale il meridionale possa essere considerato superiore o almeno “utile”. Queste due considerazioni, ovviamente, vanno completamente al di la’ della considerazione della reale qualità e talento di una determinata persona del Sud Italia.
La discriminazione della professionalità meridionale in Italia esiste per ragioni ben precise e questo modus non fa altro che strozzare le velleità di qualsiasi valore provenga dalla cintola del paese in giù.
Il Settentrionale, in genere, crede che la maggioranza dei meridionali sia determinato all’interno di un insieme di comportamenti endemici della sua cultura e che non ci sia possibilità di riscatto, appunto perché impossibilitato dall’uscita dal ambito terronistico più becero. Il Meridionale, d’altra parte, impugna la propria cultura come orpello difensivo e se la incolla addosso come fosse un’armatura permanente e indissolubile, dando modo al proprio accusatore di avvalorare la propria tesi.
Se il meridionale, dal suo canto, e’ diventato una vera e propria categoria antropologia, e’ sia perché i suoi aguzzini lo volevano, ma anche perché l’etichetta di meridionale o terrone, in qualche modo e’ stata prima motivo di orgoglio identitario e poi prigione dorata. Una sorta di marchio di riconoscimento, che dovrebbe suscitare sospetto, rispetto, terrore e fascino.
Questo, a sommi capi, e’ parte del nostro conflitto interno, ma la questione cambia, quando il meridionale emigra e si rapporta con un’altra cultura, che non nutre dei pregiudizi aprioristici nei suoi confronti.
Il meridionale in Irlanda e’ un italiano del Sud, tutto qua.
Gli unici stereotipi che si deve portare sono simili a quelli dei colleghi del Nord. Le due entità, quindi si appiattiscono assimilandosi in un’unica categoria: quella italiana. E questo, i settentrionali fanno difficoltà ad accettarlo, poiché non possono esprimere il loro retaggio di superiorità rispetto al collega, magari anche più bravo, meridionale in Irlanda.
In Irlanda, di meridionali ce ne sono tanti e seppur siano qui tutti più o meno per gli stessi motivi, per enorme dispiacere del Nord Italia, sanno anche farsi valere, per il semplice motivo che vengono considerati prima sulla base delle loro qualità, risultati e comportamento. Poi, eventualmente, anche per come fanno la pizza, ma quella e’ un’altra storia.
Questo vuole dire che i meridionali non fanno carriera in Italia solo per motivi discriminatori?
No, ovviamente. La questione e’ che partono svantaggiati in primis e diventano vittime di se stessi successivamente. Così come l’italiano diventa metafisico e rappresentante stesso del proprio stereotipo in Irlanda, tanto il meridionale fa in Italia attuando una elevazione ad iperterronica quando richiesto, per difendersi dagli organismi nemici del Nord. Togliendosi, perciò, ogni possibilità di riscatto.
Questo vuole dire che tutti i meridionali in Irlanda fanno carriera?
No, assolutamente. Fanno carriera solo se valgono qualcosa.
Esiste quindi una questione meridionale per gli Italiani in Irlanda?
No, non direi perché molti percepiscono il fatto di essere accomunati tutti sono un unico catino culturale e il problema si pone solo quando si ricreano microclimi nella comunità sociali e professionali italiane in Irlanda. Solo allora il conflitto torna in auge.
E lo so, che per i lettori del nord, sarà un shock sapere che visti dal di fuori, gli italiani sembrano tutti molto simili, almeno in termini estetico comportamentali. Siete uguali si’, ve lo ripeto per farvi passare un altro brivido lungo la schiena.
Emigrando si annullano delle differenze che in patria sono laceranti e deleterie, semplicemente perché chi vi sta giudicando non ha interesse a sapere se il vostro vicino sia un industriale del Veneto o un pregiudicato dei quartieri spagnoli. E le differenze si annullano anche perché il contesto cambia e non ci sono altre finestre da rompere.
E questo non vuol dire che il contesto nella quale si cresce non sia rilevante, lo e’ ma nella dimensione in cui si traduce in comportamenti similari e ciclici, sia che siano dannosi o meno. L’unica cosa di ciclico che gli stranieri vedranno in voi qui e che siete voi con la vostra etichetta di italiani addosso, tutti uguali omologati sotto un altro marchio. Cosi’ come un irlandese di Cork, sarebbe uguale ad uno di Dublino a Milano.
L’Italia vive di fatto ancora un campanilismo e fanatismo provincialista, che ha portato il paese alla sclerotizzazione di conflitti che hanno ancora poca ragione di esistere; i danni di questo, appunto, si traducono nell’emigrazione di molti che hanno preferito fare gli italiani in Irlanda, piuttosto che i terroni nel Nord Italia.
Ora qualcuno si chiederà se io sono un cosiddetto meridionale o meno e dal momento in cui ve lo chiederete, vi potrete rendere conto da soli che vivete nello schema di cui ho appena parlato e che siete pronti a riaccendere il conflitto in un ciclo senza fine. Tanto i colpevoli sono sempre gli altri.